Collegiata di Empoli, le opere perdute il 24 luglio del 1944 per la caduta del Campanile

Le opere d’arte perdute durante l’ultima Guerra

La guerra, con le devastazioni del luglio del 1944, distrusse quasi completamente, con la Collegiata, i locali che dovevano servire per il nuovo Museo e sotto le macerie andarono perdute due tavole del Cigoli (L’esaltazione della Croce e L’ultima cena), una de “L’Empoli” (La presentazione al tempio), una del Ligozzi (L’Apocalisse) e una Deposizione di Francesco Botticini, già nella Galleria dell’Accademia di Firenze e data in deposito al Museo; danni rilevanti, ma non irreparabili, ebbero altre opere.

 

 La Collegiata di Empoli nel 1916

 

IL MUSEO DELLA COLLEGIATA

Breve storia del Museo, di Umberto Baldini

Da “Guida Turistica di Empoli, 1959”

 

Fra le opere perdute dalla Chiesa Collegiata di Empoli per la caduta del Campanile la notte del 24 luglio del 1944 bisogna ricordare in primo luogo il Soffitto della Chiesa, affrescato dal Meucci e dal Del Moro dal 1761 al 1763.

Si è salvata solo la parte vicina alla porta di ingresso, riconoscibile da un tono più scuro.

Virgilio Carmignani e Sineo Gemignani ridipinsero dell’immediato dopo guerra tutto il soffitto con una nuova interpretazione della Gloria di S. Andrea.

Non è stata ritrovata una foto del vecchio soffitto. Esiste solo un disegno di Del Moro, con un particolare del decoro geometrico di una parte laterale del soffitto.

Le principali opere d’arte presenti nel Museo Parrocchiale, che si trovava all’incirca dove è adesso, si salvarono perché erano state portate al sicuro. Ma alcuni grandi dipinti erano stati lasciati in loco.

Si salvò in parte e fu possibile il recupero solo della “Gloria di San Lorenzo”del Macchietti (datata 1577), inizialmente ritenuta irrecuperabile, ma in seguito restaurata con integrazioni e attualmente in Sacrestia.

 

Gerlolamo Macchietti, La Gloria di San Lorenzo, già sull’altare della Cappella di San Lorenzo in Collegiata, gravemente danneggiata nel 1944 e recuperata negli anni ’90

 

 Andarono distrutte dal crollo del Campanile minato dai tedeschi le seguenti cinque pale d’altare di particolare pregio:

 

1) L’esaltazione della Croce del Cigoli

 

 Eraclio che porta la Croce a Gerusalemme. Olio su tavola ca. 1594

Provenienza: Empoli, Convento delle Benedettine della Santa Croce

L’opera è citata senza particolari commenti tanto dal Cardi che dal Baldinucci che ricorda «per la terra di Empoli, in una tavola, Eraclio portante la croce». Il dipinto, assieme a L’Ultima cena, è andato distrutto durante l’ultima guerra. Nel catalogo del 1959 viene datato al 1595, ma le guide locali del Giglioli e del Bucchi, lo dicono datato 1594. La Chelazzi Dini, pubblicando la foto del dipinto, sottolinea l’adulta personalità del Cigoli e l’attenzione verso ricerche pittoriche sugli esempi veneziani. Un ultimo intervento della Matteoli tende a considerare quest’opera quale replica della tavola per San Marco a Firenze che raffigura un analogo soggetto.

(Da “Ludovico Cardi detto il Cigoli”, di Franco Faranda, De Luca editore, Roma 1986. Pgg. 123-124)

 

2) L’ultima Cena del Cigoli

 

Ludovico cardi, detto il Cigoli. L’Ultima Cena

 

Olio su tavola Firmata e datata 1591

Provenienza: Empoli, Collegiata di Sant’Andrea, Altare della Cappella del Sacramento.

L’opera è ricordata dal Cardi e dal Baldinucci. Sarà la Matteoli a ricostruire le vicende storiche del dipinto purtroppo perduto nell’ultimo conflitto mondiale. Presso il gabinetto fotografico degli Uffizi si conservano due lastre, la seconda (n. 28971) mostra il dipinto ormai in cattivo stato di conservazione. L’opera era firmata e datata 1591. La confraternita del Corpus Domini per la quale era stata eseguita fu soppressa nel 1785 e la tavola è stata successivamente collocata (1860) nel museo annesso alla Chiesa. Già nel 1738 l’opera aveva subito dei danni a seguito di una festa tenuta nell’oratorio concesso, durante la quaresima, ai festaioli della Compagnia delle anime del purgatorio per l’esposizione del Sacramento. Un restauro è registrato nel 1781 ed eseguito a Firenze ad opera di Santi Pacini. Vale la pena di trascrivere il giudizio di R. Longhi, uno degli ultimi, tra gli storici moderni, ad aver visto l’opera prima della sua distruzione: «Il nuovo rapporto di fluidità e di legamento atmosferico di masse giunto con il Passignano da Venezia — senza parlar del Ligozzi e del Pagani — si confonde e salda perfettamente con la tradizione riformata del Titi, spostando sempre più l’interesse degli artisti sugli accordi cromatici e luministici; il Cigoli ne dà un segnale notevolissimo nella sua ultima cena, notturna, in Empoli, senza dire dei nuovi accordi da lui tentati, tra la gamma calda e positiva dei veneti, con quella acidula e irrealistica del Baroccio…» I nuovi orientamenti pittorici in chiave veneta vengono sottolineati anche dal Venturi. La Gregori vi nota collegamenti con «Baroccio, Raffaello e Fra Bartolomeo nel dramma chiaroscurale di una macchina tintorettesca, mentre il risultato è tanto intenso e patetico da ricordarci Ludovico Carracci».

Il Friedlander confronta quest’opera con lo stendardo processionale di Tiziano conserva­to ad Urbino ed eseguito per quella città e lo considera il precedente cui Cigoli si è riferito nell’elaborazione di quest’opera. Lo ricorda lo stesso modo di disporre a tavola i personaggi con Giuda e San Pietro al di qua del tavolo. E un confronto difficile da sostenere intanto perché appare improbabile un viaggio del Ci­goli ad Urbino e poi per il diverso sviluppo della opera del Cigoli rispetto a quella di Tiziano.

Nell’ambito dei confronti istituiti con il Rubens, quest’opera viene considerata un significativo precedente per quell’artista oltre che dal Friedlander ancora dalla Gregori e prima da Olsen e Jaffe. In alto a sinistra, la figura che sembra scendere dalle scale pare riproporre lo stesso rapporto di luce della figura che nel Martirio di San Lorenzo sosta sulla porta di casa.

(Da “Ludovico Cardi detto il Cigoli”, di Franco Faranda, De Luca editore, Roma 1986. Pgg. 119-120)

 

3) La Presentazione al Tempio

 

Jacopo da Empoli, La Presentazione al Tempio

 

Olio su tela cm. 240×180.

Provenienza: Empoli, Santo Stefano degli Agostiniani, Cappella Zeffi

 Per le vicende della cappella dalla quale il dipinto proviene si vedano: G. Carocci, I Dintorni di Firenze, vol. II, Firenze, 1907, pp. 236-237; G. Lensi Orlandi, Le Ville di Firenze di là d’Arno, Firenze, 1954, p. 92. Il committente fu Tommaso Zeffi che è inginocchiato in primo piano volto verso il gruppo divino; è presente anche un figlio del donatore.

 4) L’Apocalisse di Francesco Ligozzi

Questa pala d’altare, fino a poco prima del 1916, come ricordato nella guida del Bucchi, era sull’altare della cappella Del Frate, la prima sul lato destro della Collegiata. Fu inserita con il numero 38bis nella prima sede del Museo Parrocchiale.

E’ ricordato nella stessa guida così:

Ligozzi Francesco.- Visione dell’Apocalisse. E’ firmato dall’autore e reca la data 1622. – Proviene dalla Collegiata.

 Non si è ritrovata fino ad oggi nessuna fotografia dell’opera.

 

 5) Deposizione di Raffaello Botticini

 

Raffaello Botticini, La Deposizione 1508 ca.

 

Provenienza: Empoli, Collegiata, Cappella della Compagnia di Sant’Andrea

Da documenti resi noti dal Milanesi (1901) risulta che l’opera fu commissionata nel 1506 dalla Compagnia della Veste Nera e consegnata due anni dopo da Raffaello Botticini, artista di levatura non eccelsa, la cui personalità è stata ricostruita dallo Zeri (1968). Figlio del più noto pittore Francesco, Raffaello Botticini fu per lo più attivo per Empoli e contado, ove anche il padre aveva lavorato nei suoi ultimi anni. La pala e la relativa predella erano state nel 1786 trasferite agli Uffizi con l’attribuzione al Perugino, e come deposito della Galleria degli Uffizi ritornarono quindi al Museo della Collegiata.

(Da: Empoli, Museo della Collegiata, Chiese di S. Andrea e S. Stefano, di Annamaria Giusti, Edizioni Calderini, Bologna, 1988.)

 

Paolo Pianigiani, ottobre 2020

Ufficio Beni Culturali

Parrocchia di Sant’Andrea a Empoli

 

N.B. Le riproduzioni delle opere provengono dall’Archivio della Parrocchia.

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