Storia e memoria, oltre il monumento c’è il ruolo di Santa Croce

Storia e memoria, oltre il monumento c’è il ruolo di Santa Croce

Quelli del Risorgimento e dell’Unità d’Italia sono i decenni decisivi in cui Santa Croce diviene il luogo che celebra la storia collettiva e la memoria nazionale, assumendo in via definitiva un ruolo assolutamente originale tra i monumenti italiani. Valori e ideali di libertà segnano la nascita della Nazione e proiettano l’Italia in una nuova dimensione europea e mondiale. E’ in questo scenario che Pio Fedi realizza La libertà della Poesia, il monumento dedicato a Giovan Battista Niccolini, poeta, drammaturgo, patriota e grande protagonista degli ideali risorgimentali.

L’opera – dopo alterne vicende – venne solennemente inaugurata nel 1883 con grande partecipazione di popolo, politici e intellettuali. Era stata commissionata nel 1861, alla morte di Niccolini, a uno dei più importanti scultori del tempo, Pio Fedi, l’autore dell’acclamato Ratto di Polissena. La genesi dell’opera – ultimata nel 1877 – è travagliata, soprattutto per quanto riguarda la collocazione all’interno della basilica.

L’intervento di restauro – La statua, oggetto di una pulitura sommaria e di una patinatura nella parte inferiore dopo l’alluvione del ’66, è stata liberata dal compatto e abbondante deposito di polvere che impediva una corretta lettura. Al di sotto della polvere, la superficie aveva una colorazione ambrata, a volte marrone. Con tutta probabilità si trattava di una patinatura coeva alla realizzazione della statua, che però con il tempo è virata di colore, scurendosi molto.

Le analisi spettrografiche FT-IR, hanno evidenziato la presenza di una sostanza proteica, forse una colletta animale associata ad un pigmento ocraceo. È ragionevole pensare quindi che lo scultore prima abbia applicato della cera sulle superfici, ritrovata in abbondanza sotto il colore marrone durante il restauro, e poi non essendo ancora soddisfatto del risultato, abbia eseguito un’estesa patinatura per dare un aspetto omogeneo ad una statua che certo non era tradizionalmente “finita”.

Dopo un’accurata spolveratura, la pulitura delle superfici è stata effettuata con lo stesso metodo chimico ma con supporti diversi in base alla tenacia delle sostanze e alla compattezza dei depositi da rimuovere. Le uniche stuccature eseguite sul marmo sono state quelle tra le linee di giunzione dei pezzi costituenti il basamento.

L’intervento è stato condotto da Paola Rosa ed Emanuela Peiretti. Hanno collaborato: Alberto Casciani per la ricostruzione del diadema; Virginia Bazzechi Ganucci Cancellieri per la ricerca storico artistica, Alena Fialovà, Ottaviano Caruso per la documentazione fotografica; Azzurra Macherelli, Francesca Briani (Ad Arte snc) per le Analisi spettrografiche FT-IR; Luca Saccenti della Ditta Alberto Saccenti per il ponteggio.

Le vicende dell’opera – Il monumento, realizzato in un unico blocco di marmo bianco di Carrara, rappresenta una figura allegorica di ispirazione classica che nella mano protesa verso l’alto mostra una catena spezzata, mentre nell’altra trattiene la lira e una corona di alloro, appoggiati su una pila di volumi scritti dal Niccolini: l’Arnaldo da Brescia, la Storia della Casa di Svevia, il Canzoniere nazionale e il Giovanni da Procida. Sul capo porta il diadema con nove raggi mentre con il piede calpesta i resti della catena. La figura è posta di fronte all’urna con il ritratto del poeta entro un medaglione e sul basamento porta l’orgogliosa firma dello scultore: “Pio Fedi immaginò e scolpì”.

Fedi aveva curato l’opera nei minimi particolari. Dopo aver portato in Santa Croce la scultura, quasi certamente già finita in atelier dalle sue maestranze, l’artista ha con tutta probabilità ri-lavorato la superficie sulla base dell’illuminazione prodotta dalla luce naturale proveniente dal finestrone laterale. Fedi ha messo la sua firma sulle parti più importanti, scolpendo il volto, le braccia, le mani, i piedi, le corde e le corna della lira. La mano dello scultore è ancora oggi ben riconoscibile anche nei numerosi segni di lapis lasciati sulle arcate sopraccigliari, tra i solchi dei riccioli, sul motivo decorativo del diadema e sul panneggio della veste.

Le Foto di questo articolo sono di Alena Fialova’

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